Studio spirituale del Vangelo

Questo lavoro è stato presentato alla sessione di luglio 2009 sullo Studio del Vangelo a Limonest. Cerca di avvicinarci allo studio del Vangelo come studio spirituale. Lo Spirito Santo è veramente l'anima di questo studio: forma Cristo nell'Incarnazione e nell'Eucaristia. Egli dà vita alla parola scritta, che diventa Parola viva, come una seconda incarnazione. Poiché lo Spirito abita le Scritture, siamo chiamati a lasciarci guidare da lui nella lettura, nello studio e nell'annuncio di questa parola di grazia e di vita che ci è stata affidata. 

Introduzione  

La Chiesa vive della Parola di Dio. La Parola di Dio è sempre stata una fonte di rinnovamento e di riforma nella vita della Chiesa nel corso della storia.  

Dio ha voluto che la Scrittura fosse uno degli elementi costitutivi della Chiesa affinché, guidata dallo Spirito Santo, potesse compiere la sua missione di annunciare a tutte le nazioni la potenza della salvezza di Dio - la Buona Novella del Vangelo. Nella testimonianza della Bibbia, la Chiesa trova il nutrimento della sua fede e della sua speranza, la sostanza del suo pensiero, la guida che orienta le sue azioni.  

Fin dalle sue origini, la Chiesa si è riunita attorno alla Parola di Gesù Cristo predicata dagli apostoli. Questa è quella che possiamo definire l'esperienza fondante della Chiesa a Pentecoste. Poi, quasi dalla fine dell'era apostolica, le parole di Gesù e la predicazione degli apostoli cominciarono a essere scritte. Ciò che accadde allora, e che durò praticamente per tutta la seconda metà del I secolo, fu ancora una volta guidato dallo Spirito Santo, che realizzò così una seconda incarnazione della parola scritta.  

Lo Spirito Santo abita nella Parola di Dio. La sua ispirazione non si limita al momento in cui è stata scritta, ma anima l'intera vita della Chiesa. Lo Spirito Santo apre le menti e i cuori dei credenti affinché comprendano le Scritture e le interpretino nel modo in cui Lui ha voluto che fossero interpretate.  

L'azione dello Spirito Santo è stata molto presente nel periodo apostolico e post-apostolico, ma anche in tutti gli sforzi dei Padri della Chiesa per inculturare la rivelazione nella cultura greca e latina. Questa attività di comprensione e inculturazione è proseguita nel corso della storia: nel Medioevo, superando i confini dell'Impero Romano, nell'Età Moderna con l'evangelizzazione del Continente Americano, e successivamente in Africa e in Asia.  

La Chiesa vive della Parola di Dio, è il suo principale nutrimento (Mt 4,4; DV 24). E questa Parola deve essere letta e meditata alla luce dello Spirito, che la rende Parola viva e presente. Questa è la lunga esperienza e il grande tesoro che troviamo nella ricca tradizione della Chiesa. In questa tradizione spicca una voce originale, quella di Antoine Chevrier con il suo studio spirituale della Scrittura: lo Studio del Vangelo.  

I - L'AZIONE VIVIFICANTE DELLO SPIRITO SANTO  

È lo Spirito che forma Gesù Cristo, il Verbo fatto carne, nel grembo di Maria; ed è lo Spirito che fa della Scrittura la Parola di Dio viva e attuale.  

1 - L'azione dello Spirito in Gesù Cristo, il Verbo fatto carne  

Per rivelare e far conoscere il suo piano di salvezza, Dio ha scelto la via dell'Incarnazione. L'Incarnazione porta in sé questo gesto di Dio, questo effetto di farsi prossimo, di assumere la condizione umana per poter essere compreso e riconosciuto dall'uomo, che è la sua immagine. Per questo Dio non solo si fa carne, ma diventa anche linguaggio, e soprattutto diventa parola umana, per comunicare il suo progetto d'amore e associare l'umanità alla sua opera di salvezza.  

È sotto l'impulso e l'animazione dello Spirito Santo che si sviluppa il dinamismo dell'Incarnazione. Egli forma il corpo umano del Figlio; ci rivela che Gesù è il Figlio dell'Altissimo, il Dio con noi (Lc 1,35; Mt 1,20-23). Ma l'attività dello Spirito non si limita al momento dell'Incarnazione. È presente in tutta la vita di Gesù, mostrando come l'uomo Gesù sia il Figlio di Dio, come sia venuto a compiere la volontà del Padre mettendosi al servizio della missione che gli ha affidato.  

Lo Spirito è colui che, nel Giordano, unge e consacra Gesù Cristo come il Messia che rende presente il Regno di Dio nel mondo: un Messia, il Figlio prediletto del Padre, che è diventato anche la Parola a cui noi uomini dobbiamo prestare ascolto: "Ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: "Questo è il Figlio mio prediletto, che mi sono compiaciuto di scegliere"" (Mt 3,16-17).  

Gesù annuncia il Regno di Dio. Egli svolge la sua missione sotto l'impulso e l'influenza dello Spirito, che impianta il Regno nel cuore delle realtà umane, nelle profondità più dure e conflittuali, nei problemi più impenetrabili che la maggior parte di noi, insieme alla maggioranza degli uomini, sfugge (Lc 4,14-30; 7,21-23). Questo porta al conflitto con lo spirito del mondo, con gli spiriti del male che schiavizzano l'umanità. Il racconto delle tentazioni e degli esorcismi compiuti da Gesù ci mostra quanto lo Spirito Santo sia attivo in questa battaglia. Ci mostra che in Gesù, Dio si impegna a liberarci da tutto ciò che rende schiava l'umanità. Così non siamo più schiavi, ma figli, cioè liberi (Lc 4,1-13; 31-37; 11,14-22).  

L'incarnazione porta Gesù ad abbracciare la condizione umana con tutto ciò che essa comporta, compresa una morte ingiusta. "Nella sua condizione umana umiliò se stesso e si fece obbediente fino alla morte, anche alla morte di croce" (Fil 2,7-8). Ma l'azione dello Spirito non si esaurisce con la morte di Gesù sulla croce. Con fede e fiducia, sul Calvario Gesù consegna il suo spirito al Padre. Lo Spirito del Figlio esercita la sua potenza oltre la morte, oltre i limiti della carne. Penetra nella vera vita, la vita dello Spirito, che chiamiamo risurrezione. È quanto ricorda Paolo ai Corinzi, che hanno difficoltà a credere nella risurrezione, nella nuova vita nello Spirito: "Il primo Adamo era un animale vivente; l'ultimo Adamo è un essere spirituale vivificante" (1 Cor 15,45).  

Lo Spirito agisce in modo tale che Gesù non è un morto, né una figura del passato, ma è il Figlio glorificato, seduto alla destra del Padre, e allo stesso tempo presente ogni giorno fino alla fine del mondo. Questa è la grande confessione di fede fatta da Paolo nella sua lettera ai Romani: "Per predicare il vangelo di Dio (...) Questo vangelo riguarda il suo Figlio, nato secondo la carne dalla stirpe di Davide, stabilito secondo lo Spirito Santo, Figlio di Dio con potenza mediante la sua risurrezione dai morti" (Romani 1:1-4; 8:11).  

Lo Spirito rivela e ci fa vedere l'umanità di Gesù. Allo stesso tempo, ci attesta che Gesù è il Figlio di Dio, che in ogni essere umano Gesù rivela il Padre. Egli è il Verbo, la Parola del Padre; ha preso carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1,14). La Parola illumina la nuova umanità. Il vincolo di unione, il vincolo di famiglia, non è più la carne e il sangue, ma lo Spirito e la fede: "Ma a coloro che lo hanno accolto, a coloro che credono nel suo nome, ha dato il potere di diventare figli di Dio. Questi non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio" (Gv 1,1213; 3,5-7).  

Come abbiamo detto, lo Spirito rende presente Gesù risorto e garantisce la sua presenza continua nel mondo: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro paraclito che sarà sempre con voi. È lo Spirito di verità... Non vi lascerò orfani, verrò da voi..." (Gv 14,16-20). Questa presenza di Gesù attraverso lo Spirito è particolarmente chiara e vicina nell'Eucaristia. Con la sua azione, lo Spirito trasforma il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue del Signore risorto e lo offre costantemente a noi come cibo per la vita. "Santifica queste offerte effondendo su di esse il tuo Spirito; diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo, nostro Signore" (Preghiera eucaristica II). Nel quarto Vangelo, la conclusione del discorso eucaristico nella sinagoga di Cafarnao conferma che lo Spirito in Gesù agisce come principio di vita e di trasformazione; per noi, Gesù diventa il pane della vita, il cibo della vita eterna: È lo Spirito che dà la vita; la carne è inutile. Le parole che vi ho detto sono spirito e vita" (Gv 6,63).  

Lo Spirito ci rivela che Gesù è il Verbo che fin dall'inizio era rivolto a Dio, che è Dio e che ha posto la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1,1-2.14). Non si tratta di una parola qualsiasi, ma di una parola viva, una parola che è una persona e che ci esprime perfettamente chi è Dio: "Nessuno ha mai visto Dio; Dio, il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, ce lo ha rivelato" (Gv 1,18). Questa parola chiara, trasparente, definitiva che Dio rivolge a tutti gli uomini è il suo Figlio: "Dopo aver parlato ai padri per mezzo dei profeti molte volte e in molti modi nel passato, ha parlato a noi in questo ultimo tempo in un Figlio che ha costituito erede di tutte le cose, per mezzo del quale ha creato anche i mondi" (Eb 1,1-2).  

Abbiamo brevemente delineato l'azione dello Spirito nel Figlio, il Verbo fatto carne, il Verbo del Padre, che ci rivela l'amore e la comunione all'interno della famiglia trinitaria. Lo Spirito è colui che ci ricorda le parole di Gesù e ci conduce alla vera conoscenza del Figlio attraverso la fede: "Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà a tutta la verità. Egli infatti non parlerà di sua autorità, ma dirà ciò che avrà udito e vi comunicherà tutto ciò che avverrà" (Gv 16,13).  

2 - L'azione dello Spirito Santo nella Scrittura  

Tutto ciò che abbiamo appena detto sull'azione dello Spirito Santo nel Verbo fatto carne, nella Parola viva e personale del Padre, si realizza in modo analogo nella Sacra Scrittura, la parola scritta. La Scrittura diventa Parola di Dio sotto l'azione dello Spirito Santo. Questa stessa azione dello Spirito continua ad animare, molto presente, quello che possiamo chiamare l'intero processo di gestazione della Scrittura: esso si presenta come una continuazione e un'estensione dell'Incarnazione; il suo sbocciare è l'ispirazione dei libri sacri. Ma non svilupperemo qui questo tema.  

È lo Spirito che garantisce la continuità tra, da un lato, il Verbo, la Parola definitiva del Padre, e, dall'altro, la testimonianza che gli viene data dai libri sacri, la parola scritta che ci rivela oggi l'intero piano di salvezza di Dio. 

Lo Spirito Santo rimane attivo durante tutto il processo di creazione dei libri della Bibbia. Lo conferma la costituzione Dei Verbum del Concilio Vaticano II: "Nelle parole c'è un'anima che le ispira e dà forza a chi vi si accosta con fede" (cfr. DV 24). "La Sacra Scrittura deve essere letta e interpretata con lo stesso Spirito che l'ha fatta scrivere" (DV 12). Il vero soggetto non è l'uomo, ma lo Spirito Santo. È lo Spirito che esercita un'influenza reale sull'autore sacro, sul lettore e sull'interprete. La presenza dello Spirito non si limita al testo definitivo che accettiamo come ispirato, ma si manifesta anche nel credente che legge e interpreta la Parola. Autore, lettore, interprete, tutti sono abitati e animati dallo Spirito.  

Riguardo alla presenza di Gesù in tutta la Scrittura, Henri de Lubac si esprime bene e profondamente sul tema di questa verità rivelataci dallo Spirito: "Non sono solo i libri sacri ad essere stati ispirati in un determinato momento. Gli stessi libri sacri sono e restano ispirati... Lo Spirito non si è accontentato di dettare la Scrittura, si è racchiuso in essa. Essa è resa feconda dal miracolo dello Spirito Santo".  

Le parole di Dio sono state espresse con parole umane, sono diventate come il linguaggio umano. Così come, in un altro tempo, il Verbo dell'eterno Padre, assumendo "la carne della debolezza umana", divenne simile agli uomini.  

Il Verbo si è fatto parola umana; ispirandoci al verbo "incarnarsi", potremmo dire che "ha preso piede". Perché questa è davvero l'incarnazione del Verbo nella parola: si è reso presente nella carne vulnerabile ed effimera delle parole, ed è attraverso di essa che arriva la salvezza. Attraverso le umili parole della Sacra Scrittura, il Verbo ci parla. Attraverso le stesse parole, abbiamo accesso alla Parola, la Parola di Dio.  

Epiclesi sul discorso  

Lo Spirito dà vita alla parola scritta e colloca il Libro nella più grande ampiezza del mistero dell'Incarnazione e della Chiesa. Da quel momento, grazie allo Spirito Santo, la Parola di Dio è una realtà liturgica e profetica; è un annuncio prima di essere un libro; è la testimonianza dello Spirito Santo della presenza di Gesù Cristo come rivelazione del Padre, il cui momento privilegiato è l'Eucaristia.  

L'annuncio della Parola di Dio contenuta nella Scrittura è un'azione dello Spirito: come in passato ha operato per fare della Parola un libro attraverso l'ispirazione, ora nella liturgia trasforma il libro in Parola, rendendola presenza amorosa del Padre che incontra i suoi figli per parlare con loro (DV 21).  

Da qui la stretta relazione che si stabilisce tra la Parola e l'Eucaristia; dobbiamo continuare ad approfondirla, come ci avverte san Girolamo; ne troveremo un'eco anche in Antoine Chevrier, come sottolineeremo più avanti. La Carne del Signore, vero cibo, e il suo Sangue, vera bevanda, sono il vero bene che ci è riservato nella vita presente: nutrirci della sua Carne e bere il suo Sangue, non solo nell'Eucaristia ma anche nella lettura della Sacra Scrittura. Infatti, la Parola di Dio è vero cibo e vera bevanda, che otteniamo attraverso la conoscenza delle Scritture.  

Affinché la Parola scritta sia la Parola viva di Dio, deve esserci un'epiclesi: la Santa Tradizione è l'epiclesi della storia della salvezza, è la teofania dello Spirito Santo, senza la quale la storia rimane incomprensibile e la Scrittura lettera morta. Come la Chiesa invoca lo Spirito per trasformare il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo, così la Chiesa invoca lo Spirito e riceve il suo aiuto nella Tradizione, affinché la Scrittura trovi nuova vita e diventi Parola di Dio viva ed efficace in ogni momento della vita della Chiesa. 

La Parola di Dio non rimane fossilizzata nella Bibbia. Aspetta e riposa nella Bibbia, ma non è pietrificata, né è un animale inerte e naturalizzato, né è necrotizzata in un libro stampato. Si potrebbe dire che "dorme". Sta aspettando che la potenza di Dio la risvegli. Come abbiamo appena detto, ha bisogno di un'epiclesi - un'invocazione rivolta allo Spirito - che le dia vita e la trasformi. Senza questa epiclesi, la Parola rimane addormentata, non si risveglia.  

L'intelligenza della fede  

Solo nella fede possiamo accogliere e comprendere tutta questa azione dello Spirito che rivela e dà vita. Per cogliere ciò che Dio ha voluto dirci, dobbiamo vedere le cose dal punto di vista della fede; infatti, il messaggio della rivelazione divina è essenzialmente legato alla nostra vocazione e al nostro destino più profondo. Sotto le parole del testo, dobbiamo scoprire la verità della nostra salvezza. Possiamo accedervi solo nello Spirito Santo: "Egli tocca il cuore dell'uomo, rivolgendolo verso Dio per aprire gli occhi della sua anima, e dona a tutti la gioia profonda di acconsentire e credere alla verità" (DV 5).  

Il tipo di rapporto che possiamo avere con la Parola di Dio è chiaramente determinato da una visione di fede. Ogni volta che il credente prende in mano la Bibbia e inizia a leggerla con fede, la potenza e la piena capacità di ispirazione dello Spirito Santo diventano reali. Ma se non leggiamo la Bibbia alla luce dello Spirito, non è più una lettura credente; è una lettura che perde tutto il suo valore e le sue proprietà, una lettura che si colloca ai margini della fede della Chiesa. D'altra parte, la sapienza della fede ci permette di entrare nel significato più profondo del testo, in una parola che è veramente carica di rivelazione. San Gregorio Magno ci parla della necessità di questa sapienza, di quella che noi chiamiamo intelligenza della fede: "Le parole di Dio non possono assolutamente essere penetrate senza questa sapienza, perché se qualcuno non ha ricevuto lo Spirito di Dio, non può in alcun modo comprendere le parole di Dio".  

Il credente è innanzitutto una persona che ascolta. È questo che identifica il vero credente che ha accolto le parole e i comandamenti del Signore: "Ascolta, Israele! Dio ci chiama ad ascoltare con l'orecchio del cuore. Chi ascolta in questo modo riconosce la presenza di colui che gli parla e che vuole impegnarsi con lui; cerca uno spazio dentro di sé perché l'altro possa abitare in lui. Da tutto ciò emerge la figura antropologica che la Bibbia vuole costruire, quella dell'uomo capace di ascoltare (1 Re 3,9). Ma questo ascolto non è un semplice sentire frasi bibliche, è un discernimento della Parola di Dio che lo Spirito stesso realizza. Questo richiede fede e deve essere fatto alla luce dello Spirito Santo.  

La preghiera  

L'ascolto nella fede è indissolubilmente legato alla preghiera. Nella liturgia, in gruppo o individualmente, la lettura della Bibbia deve essere sempre accompagnata dalla preghiera, che sarà la nostra risposta in dialogo con la Parola che Dio ci rivolge: "La preghiera - ricordiamo - deve accompagnare la lettura della Sacra Scrittura per stabilire un dialogo tra Dio e l'uomo, perché è a lui che ci rivolgiamo quando preghiamo; è a lui che ascoltiamo quando leggiamo le sue parole" (DV 25). Per questo è necessario che il silenzio vada oltre le parole. Lo Spirito Santo ci aiuta a conoscere e comprendere la Parola di Dio unendosi silenziosamente al nostro spirito (Rm 8,26-27). Per arrivare a un'interpretazione pienamente valida delle parole ispirate dallo Spirito, dobbiamo lasciarci guidare da lui; e per farlo è essenziale pregare, pregare molto, chiedere nella preghiera la luce interiore dello Spirito Santo, e poi accogliere questa preghiera con obbedienza.  

La preghiera diventa apertura, accoglienza e adorazione. In essa c'è spazio per l'adorazione della Parola, per la preghiera nella fede e in ginocchio. La lettura della Bibbia è infatti un incontro con un testo che è come un terreno santo dove abita Dio. Di fronte alla santità del testo biblico, il lettore credente deve "lasciare i sandali", come Mosè davanti al mistero del roveto ardente; deve solo ascoltare colui che gli parla.  

Lo Spirito agisce in modo tale che la Scrittura non sia semplicemente un testo stampato, ma una rivelazione di Dio. Il posto primordiale e il ruolo principale dello Spirito non sminuiscono in alcun modo il contributo delle scienze umane quando si tratta di comprendere il significato profondo della Parola di Dio. La comprensione spirituale della Scrittura presuppone quindi un impegno esigente nello studio delle scienze bibliche, poiché la comprensione spirituale non deve mai essere separata dalla ricerca esegetica. La fede non dispensa dal lavoro coscienzioso e serio. Al contrario, lo esige imperativamente, lo richiede con urgenza. Tuttavia, non possiamo dimenticare che la comprensione della fede è necessaria per penetrare il significato delle parole della Sacra Scrittura.  

È nella Parola di Dio che la Chiesa trova l'annuncio della sua identità, la grazia della sua conversione, il suo invio in missione, la regola assoluta della fede. Ecco perché questa Parola, vivificata dallo Spirito, è soprattutto una Parola che viene meditata, studiata, pregata e celebrata, alimentando e articolando la vita della Chiesa.  

Antoine Chevrier si inserisce nella ricca tradizione di tanti testimoni del Vangelo che hanno letto e studiato la Parola di Dio alla luce dello Spirito. È questa la fonte che ha ispirato, posto le basi e sostenuto la missione e l'opera del Prado. È nell'ascolto e nello studio di Nostro Signore che è nato il Prado.  

II - LO STUDIO DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO, UNO STUDIO SPIRITUALE  

Finora abbiamo cercato di mettere in evidenza l'azione dello Spirito Santo in Gesù, il Verbo fatto carne, la Parola definitiva del Padre, e poi la sua azione nella Scrittura, la Parola di Dio scritta, viva e attuale. Tutta questa riflessione equivale a porre le basi su cui si fonda e si struttura lo Studio del Vangelo, sia nell'esperienza di Antoine Chevrier che nella prassi di Prado, con la stessa fedeltà alla ricca tradizione della Chiesa che legge la Sacra Scrittura nel soffio e nella luce dello Spirito.  

Tutto il dinamismo, tutta l'attività creativa e vivificante dello Spirito Santo nella Parola e nella Scrittura sono presenti e presenti nello studio del Vangelo; noi lo chiamiamo "studio spirituale del Vangelo", cioè studio fatto nello Spirito Santo.  

1 - Studio spirituale  

L'espressione "Studio di nostro Signore Gesù Cristo" è usata ripetutamente da padre Chevrier. L'ha presa dall'Imitazione di Gesù Cristo.  

In questo caso, la parola "studio" non ha un significato scolastico o puramente intellettuale. È uno studio che va fatto facendo appello all'intelligenza, certo, ma che dà più importanza alla dimensione affettiva, alle ragioni del cuore, all'amore. Più che a un obbligo, questo studio risponde a un'attrazione interiore, è una vera passione. Per Père Chevrier, la parola "studio" assume i connotati di un attaccamento di tutto cuore, di un gusto e di uno zelo. In questo studio troviamo la gioia più grande e, di conseguenza, vi dedichiamo il nostro tempo e la nostra attenzione. La conoscenza di Gesù Cristo è la passione di padre Chevrier. È uno studio che nasce dall'amore, che si sviluppa nell'amore e che termina nell'amore. Lo Spirito produce la conoscenza di Gesù Cristo.  

Padre Chevrier non parla di uno studio spirituale del Vangelo. Di solito parla piuttosto di "studio di Gesù Cristo", ma stabilisce una stretta relazione tra lo studio del Vangelo, lo studio delle parole di Gesù e lo Spirito Santo.  

È lo Spirito Santo che svela i misteri di Dio e li rivela agli uomini. Padre Chevrier lo afferma in uno studio evangelico sullo Spirito Santo, e lo sostiene con un testo della lettera agli Efesini: "Leggendo questo, potete vedere quale comprensione ho del mistero di Cristo. Dio non ha fatto conoscere questo mistero agli uomini delle generazioni passate, come ora lo ha rivelato per mezzo dello Spirito ai suoi santi apostoli e profeti" (Ef 3,4-5).  

Antoine Chevrier ha sperimentato che lo Spirito è nel Vangelo, nelle parole di Gesù Cristo. La Scrittura è abitata dallo Spirito Santo, che ne fa la parola del Cristo vivo e presente, una lettera scritta per noi nel nostro cuore. Per questo il discepolo e l'apostolo devono studiare il Vangelo per conoscere Gesù Cristo e amarlo: "Lo spirito di Gesù Cristo si trova soprattutto nella parola di Nostro Signore. Lo studio del santo Vangelo, le parole e le azioni di Gesù Cristo, questo è tutto il nostro studio, questo è ciò che dobbiamo cercare di conoscere e di capire" (Yves Musset: le Christ du Père Chevrier, p. 40). Proprio per questo motivo, deve essere un compito continuo e costante iniziare e crescere in questa conoscenza, nell'intelligenza della fede.  

Come abbiamo già notato, le Scritture sono opera dello Spirito. Nello studio del Vangelo, accogliamo la testimonianza dello Spirito e ci affidiamo a lui per guidare tutta la nostra esistenza di discepoli e apostoli di Gesù Cristo. Studiamo le Scritture sotto la luce e l'azione dello Spirito Santo (è uno studio "spirituale") in modo tale che la nostra ricerca non sia centrata su un messaggio o un libro, ma sulla persona del Verbo che si rivela nelle parole e nelle azioni delle Scritture: "Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera. Egli infatti non parlerà di propria autorità, ma dirà ciò che avrà udito e vi comunicherà tutto ciò che deve accadere. Egli mi glorificherà perché riceverà ciò che è mio e ve lo comunicherà" (Gv 16,13-14). Studio spirituale del Vangelo in accordo con Cristo.  

Un vero discepolo di Gesù è colui che è stato preso in consegna dallo Spirito Santo. Questo Spirito lo conduce alla conoscenza e alla piena comunione con Gesù Cristo, finché il discepolo arriva a pensare e ad agire come Gesù Cristo, fino a diventare una cosa sola con lui. "Il discepolo di Gesù Cristo è un uomo che è pieno dello spirito del suo Maestro, che pensa come il suo Maestro, che lo segue in tutto e dappertutto... Questo spirito è riversato nel Santo Vangelo" (VD 510). Coltivare questa grazia, questo studio spirituale, significa aprire tutta la nostra vita allo Spirito Santo, che forma Gesù Cristo in noi, così come attraverso l'Incarnazione ha formato Gesù in Maria. L'azione e la presenza dello Spirito non sono né spettacolari né visibili, ma semplici e discrete. È nascosta nella storia e nella scrittura. Per questo padre Chevrier ci rimanda alle Scritture: lo Spirito è sempre presente per comunicarsi a coloro che le ascoltano o le leggono, uniti alla fede della Chiesa. Animato dallo Spirito, il discepolo entra in una comprensione più profonda delle Scritture. In questo modo, si lascia ricreare nelle sue azioni dallo stesso Spirito che lo conduce alla conoscenza e alla comunione con Cristo stesso.  

Questo studio spirituale della Scrittura avviene sempre nella fede della Chiesa. Senza lo Spirito non possiamo essere conformi a Gesù Cristo, così come non può esistere una testimonianza apostolica. Lo Spirito Santo è l'anima, la fonte di una nuova incarnazione della Parola nel nostro spirito attraverso la Scrittura ispirata, che rivela e rende presente Colui che è stato inviato dal Padre nella comunità dei credenti. Questo studio delle Scritture è il fondamento della testimonianza di Cristo morto e risorto, e ci porta a discernere tutto, a vedere tutto e a leggere tutto alla sua luce: "Non parliamo di queste cose con il linguaggio della sapienza umana, ma con il linguaggio dello Spirito (...) perché esse sono giudicate spiritualmente. L'uomo spirituale giudica tutto e non è giudicato da nessuno. Infatti, chi ha conosciuto la mente del Signore per insegnargliela? Ma noi abbiamo la mente di Cristo" (1 Cor 2, 13-16).  

Per possedere lo Spirito o lasciarsi investire da lui, la strada passa attraverso la persona del Verbo contemplata nelle Scritture. La lettura e lo studio assiduo delle Scritture sono fondamentali per la vita del discepolo e dell'apostolo, non possono essere solo occasionali. Non si tratta quindi di frequentare il Vangelo di tanto in tanto, ma di lasciare che la mano dello Spirito ci immerga nelle acque profonde del Vangelo.  

"Prima di tutto, dobbiamo leggere e rileggere il Santo Vangelo, immergerci in esso, studiarlo, conoscerlo a memoria, studiare ogni parola, ogni azione, per coglierne il significato e trasmetterlo ai nostri pensieri e alle nostre azioni. È nella preghiera quotidiana che dobbiamo fare questo studio e che dobbiamo fare di Gesù Cristo una parte della nostra vita" (VD 227). Come ci ricorda e testimonia padre Chevrier, esiste una forte interazione tra lo studio del Vangelo e la preghiera; entrambi si richiamano a vicenda e si fanno fruttare a vicenda. Un altro frutto di questa interazione è la conversione che nasce dall'incontro con Gesù Cristo, quando ci si lascia guidare dallo Spirito. È lui l'anima di questo studio, che ci porta a lottare e a confrontarci con il nostro spirito e con lo spirito del mondo: "Chi sono quelli che hanno lo spirito di Dio? Sono coloro che hanno pregato molto e chiesto a lungo. Sono coloro che hanno studiato a lungo il Santo Vangelo, le parole e le azioni di Nostro Signore, che hanno lavorato a lungo per riformare in se stessi ciò che si oppone allo spirito di Nostro Signore" (VD 227).  

Lo studio spirituale del Vangelo ci porta alla conoscenza di Gesù Cristo, all'incontro personale con lui, ed è questo che ci permette di entrare in una relazione di dialogo con Gesù come nostro contemporaneo. Inoltre, questa esperienza di incontro è l'anima della missione. Attraverso lo studio del Vangelo, e come ha fatto con Gesù nella sinagoga di Nazareth, lo Spirito ci spinge ad andare dai poveri, a fare nostra la loro vita e ad annunciare loro la Buona Novella del Vangelo. Per questo, lo ripetiamo ancora una volta, lo studio delle Scritture è lo studio della persona di Gesù Cristo; non una ricerca per accumulare informazioni su Gesù, ma una ricerca di comunione per diventare una cosa sola con Cristo. Questo si riflette nell'esperienza dell'apostolo Paolo sulla nuova conoscenza di Gesù Cristo: "Io vivo, ma non sono più io, bensì Cristo vive in me. Infatti la mia vita presente nella carne la vivo per la fede nel Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20).  

2 Lo studio di Nostro Signore Gesù Cristo  

Abbiamo già indicato che questa espressione non proviene da padre Chevrier. Egli la prese dall'"Imitazione di Gesù Cristo" quando era studente di teologia. In seguito sarebbe apparsa e ripetuta nei suoi scritti.  

All'epoca di padre Chevrier, come oggi in Europa, l'ignoranza religiosa e l'ignoranza di Gesù Cristo erano molto diffuse, soprattutto tra la classe operaia che stava emergendo dagli inizi della rivoluzione industriale. Questo ha segnato la vita di Antoine Chevrier e ha messo in discussione il modo in cui ha esercitato il suo ministero. Per lui, conoscere Gesù Cristo era tutto. Di conseguenza, ciò che è essenziale nella vita di un cristiano, nella vita di un sacerdote, è studiare Gesù Cristo per conoscerlo.  

Ma questo studio non è intellettuale, accademico o investigativo. L'obiettivo non è l'informazione, ma la conoscenza di una persona: è che Cristo prende forma in coloro che lo cercano attraverso la conoscenza della fede. Questa ricerca non è incentrata su una dottrina o su un libro, ma su Gesù Cristo, che si rivela nelle parole e nelle azioni riportate nelle Scritture. Questo studio ha anche a che fare con l'amore, perché l'amore evoca la presenza, evoca la comunione con la persona che amiamo.  

Per Chevrier, questo studio ha avuto origine nella contemplazione di Gesù Cristo. Tutta la sua vita è stata segnata dall'esperienza della grazia del Natale 1856, cioè dalla contemplazione del mistero dell'Incarnazione. Da qui nasce il suo costante desiderio di far conoscere a tutti l'Inviato del Padre. Questa sarebbe stata la sua grande opera: conoscere Gesù Cristo per farlo conoscere. "Non siamo forse qui per questo e solo per questo: conoscere Gesù Cristo e suo Padre, e farlo conoscere agli altri?  

Prima della grazia del Natale 1856, negli scritti di padre Chevrier non c'è alcuno Studio del Vangelo. Lo Studio di Gesù Cristo ha quindi un'origine mistica e apostolica, la grazia del Natale. Senza la luce speciale contemplata nel mistero dell'Incarnazione, non potremmo spiegare il suo modo ammirevole e sorprendente di commentare il Prologo di San Giovanni: "Il Verbo si fece carne".  

Lo studio di Gesù Cristo nell'Eucaristia  

"Lo studio di Gesù Cristo nella sua vita mortale, nella sua vita eucaristica, sarà tutto il mio studio" (1° Regolamento 1857).  

È significativo che il primo studio sul Vangelo di padre Chevrier sia preceduto da uno studio sull'Eucaristia. È così che Gesù Cristo si unisce a noi e noi a lui. Questo ci mostra che lo studio e la conoscenza di Gesù Cristo si realizzano non solo nei Vangeli (nelle Scritture), ma anche nella vita sacramentale.  

Come Antoine Chevrier, anche noi siamo chiamati a studiare, conoscere e cercare Gesù Cristo nell'Eucaristia, nella sua celebrazione e nell'adorazione davanti al tabernacolo. "Il tabernacolo è il luogo in cui il discepolo di Cristo è invitato alla fede, all'adorazione, all'amore cuore a cuore" (Yves Musset: le Christ du Père Chevrier p. 79). Questa contemplazione e questo spazio di studio si inseriscono bene nella spiritualità di padre Chevrier, che ha la sua fonte nel mistero dell'Incarnazione: l'Eucaristia è come "un prolungamento dell'Incarnazione divina. Nell'Incarnazione, Egli si cambia in noi. Nell'Eucaristia, ci cambia in se stesso" (Ms 7,1). 

Questo studio di padre Chevrier sull'Eucaristia pone l'accento sull'unione con Gesù Cristo e sull'amore, il che ci riporta a una delle caratteristiche più specifiche della spiritualità di padre Chevrier: l'imitazione di Cristo, nostro modello. "Diventiamo fratelli di Gesù Cristo, poiché siamo uniti a lui dagli stessi pensieri e il suo sangue scorre attraverso di noi nella santa Eucaristia" (Ms 11,2). "Noi siamo la sua vita esteriore ed egli è la nostra vita interiore" (Ms 9,4j). Nella fede mangiamo e beviamo il Verbo fatto carne alla mensa della Parola e nello spezzare il pane. Nella nostra vita quotidiana, dobbiamo essere consapevoli del rapporto continuo tra lo studio del Vangelo e la celebrazione dell'Eucaristia.  

Le "Regole di vita" del 1857 si concentrano soprattutto sull'imitazione di Gesù Cristo, che padre Chevrier considera il modello da seguire. È debitrice della teologia e della spiritualità del suo tempo. Tuttavia, dobbiamo essere in grado di leggere al di là di certe formulazioni o espressioni, e guardare oltre ciò che padre Chevrier aveva in mente. Quando parla di imitare e prendere Gesù come modello, non si tratta di copiare un modello dall'esterno. Ecco perché, nelle stesse "Regole", si esprime sotto forma di preghiera: "Fammi così simile a te, così conforme a te, che io sia una cosa sola con te, che io sia veramente e degnamente il tuo rappresentante sulla terra...". Il vero significato della parola imitazione è comunione, unione con Cristo. Gesù Cristo è il modello perché è dentro di noi, abita in noi ed è lui che ci modella a sua immagine. Conoscere Cristo ha l'effetto di unirci e identificarci con Cristo stesso, di trasformarci in Cristo. Dietro l'imitazione di Gesù Cristo c'è una dimensione sacramentale. La presenza viva e attiva di Cristo, insieme ai suoi fratelli e sorelle, porta tutto al Padre in ognuno di noi e attraverso di noi.  

Lo studio di Gesù Cristo nell'Eucaristia è unito allo studio di Gesù Cristo nella sua vita mortale, nella testimonianza che le Scritture ci offrono di lui sotto l'azione dello Spirito Santo. Lo studio di Gesù Cristo nelle Scritture.  

Lo studio di Nostro Signore Gesù Cristo si svolge soprattutto nelle Scritture, nei Vangeli, perché è lì che incontriamo Gesù Cristo. Come abbiamo già detto, questa scienza di grande valore, questo studio, è "spirituale": "Lo spirito di Gesù Cristo si trova soprattutto nella parola di Nostro Signore. Lo studio del santo Vangelo, le parole e le azioni di Gesù Cristo, questo è tutto il nostro studio, questo è ciò che dobbiamo cercare di conoscere e comprendere...". (Ms 10,24a). Ecco perché questo studio deve essere preferito ad altri studi che, pur essendo anch'essi necessari, sono di minore importanza. "Nessuno studio o scienza deve essere preferito a questo. È il più necessario, il più utile, il più importante, soprattutto per chiunque voglia essere sacerdote, suo discepolo, perché questa sola conoscenza può fare dei sacerdoti" (VD 113).  

Questo studio, condotto sotto l'azione dello Spirito Santo, è ciò che produce la vera conoscenza di Gesù Cristo e plasma un essere conforme a Gesù Cristo: "Ho chiesto a Nostro Signore, e continuo a chiedergli ogni giorno, che siate ripieni del suo spirito, che lo studio di Gesù Cristo sia per voi uno studio caro al vostro cuore, che tutto il vostro desiderio sia quello di conformare la vostra vita a quella del Maestro" (Lettera 80).  

Ne Il vero discepolo c'è una formula molto bella per esprimere cos'è e cosa deve essere per noi lo studio del Vangelo: "Pieni di Spirito Santo... studiamo il Vangelo per conformare la nostra vita a quella di Gesù Cristo" (cfr. VD 225). Studiamo il Vangelo non per sapere cosa ha fatto Gesù Cristo, non per conoscere la sua dottrina e quindi per vedere cosa dobbiamo fare. Se entriamo nel Vangelo solo per scoprire ciò che Gesù ha fatto e per seguire le sue orme, il nostro rapporto con Cristo rimarrà un rapporto volontaristico, ed egli non sarà altro che una figura del passato. Lo studio a cui ci invita padre Chevrier è a un livello molto più profondo. Egli vuole che Gesù Cristo passi attraverso di noi, che abiti in noi, che dimori nei nostri cuori attraverso la fede e che lo Spirito formi in noi il Cristo intero. Non possiamo accontentarci di riprodurre semplicemente alcuni atteggiamenti e azioni di Gesù.  

Questo studio è un vero e proprio lavoro di ricerca, un'indagine sistematica che dobbiamo fare con perseveranza ogni giorno, perché è il nostro primo lavoro, quello che ci permette di sviluppare chi siamo, la nostra identità. Per fare ciò, questo studio ci richiede di lasciare andare la nostra mente e la nostra volontà per accogliere e renderci disponibili allo Spirito di Dio e a ciò che vuole rivelarci. Ricercare e indagare le Scritture richiede di uscire da noi stessi per entrare in ciò che è sconosciuto al pensiero umano; richiede anche di lasciarsi condurre, anche senza capire, come fece Maria (Lc 1,29-34). Facciamo questo studio del Vangelo nell'atteggiamento dei poveri e nella condizione dei bisognosi che cercano di ricevere la vita, la vera sapienza, e che si rendono disponibili ad accogliere il dono di Dio. Nello studio del Vangelo non cerchiamo di capire tutto, ma vogliamo donarci alla persona della Parola. Ecco perché questo studio non può essere qualcosa che facciamo occasionalmente o come e quando abbiamo tempo. Al contrario, è una parte molto importante del nostro ministero, qualcosa di quotidiano come mangiare. Questo studio è la misura del nostro attaccamento e del nostro amore per Gesù Cristo; ma è anche la misura della nostra dedizione alla missione, che è la missione di Cristo, non la nostra...  

Lo studio del Vangelo richiede la stessa perseveranza e assiduità della preghiera; anzi, le due cose sono strettamente collegate. "Prima di tutto, dobbiamo leggere e rileggere il Santo Vangelo, immergerci in esso, studiarlo, conoscerlo a memoria, studiare ogni parola, ogni azione, per coglierne il significato e trasmetterlo ai nostri pensieri e alle nostre azioni. È nella preghiera quotidiana che dobbiamo fare questo studio e che dobbiamo fare di Gesù Cristo una parte della nostra vita" (VD 227). La preghiera e lo studio del Vangelo sono reciprocamente fruttuosi. Per questo motivo, padre Chevrier ha aggiunto la necessità della preghiera a quella dello studio per conoscere Gesù Cristo. Egli stesso ha pregato ed è entrato in relazione con il Maestro che desiderava conoscere. La preghiera "O Parola, o Cristo" si trova alla fine dello studio evangelico sui titoli di Gesù Cristo (VD 108). Questa è stata l'esperienza di Antoine Chevrier, ma anche di molti praticanti. È indubbiamente per tutti noi una chiamata che ci indica la strada da seguire per lo studio del Vangelo. "La preghiera non deve essere una questione di chiacchiere o di misticismo. La vita e le parole di Gesù Cristo devono essere il suo fondamento essenziale... Anche nella preghiera, la conoscenza di Nostro Signore deve venire prima... La base della preghiera è lo studio di Nostro Signore Gesù Cristo" (Ms 9,2d).  

La conoscenza di Gesù Cristo di cui parla Antoine Chevrier è quella della fede. Nelle Scritture, Dio in persona ci viene incontro per comunicare ed entrare in un dialogo d'amore con noi. Lo studio del Vangelo è quindi prima di tutto un'esperienza di fede: parte dalla fede, si sviluppa nella fede e aumenta la fede. Dobbiamo prestare attenzione a questa dimensione che ci pone in un atteggiamento di ascolto, di fiducia nella parola che ci viene rivolta. Padre Chevrier stesso ci fa da guida in questo tipo di studio del Vangelo, che mira a nutrire e ad accrescere la nostra fede. Egli termina il suo studio evangelico sulla divinità di Gesù Cristo con questa affermazione, che dovrebbe essere sempre presente nell'orizzonte del nostro studio evangelico: "Non dimenticate il grande atto di fede in Gesù Cristo, Verbo e Figlio di Dio" (VD 82).  

La conoscenza e lo studio di Nostro Signore Gesù Cristo devono riguardare la totalità delle Scritture perché, come abbiamo già detto, tutte le Scritture parlano di Gesù Cristo e tutte sono abitate dal Verbo del Padre. "Totalità" non significa conoscenza enciclopedica o accumulo di informazioni sui testi o sui libri della Bibbia. "Totalità" si riferisce al nucleo fondamentale a partire dal quale si comprende e si spiega il mistero di Cristo, il Verbo fatto carne. Il centro delle Scritture è il Verbo, colui che viene nella carne per salvare l'umanità. Da questa luce le persone, con la loro intelligenza e libertà, possono comprendere tutte le questioni e i misteri che riguardano la loro vita. 

Le Scritture sono ciò che il Signore ci ha donato e messo nelle nostre mani affinché possiamo conoscerlo e vivere la nostra vita secondo la via dell'Alleanza. In questa comunicazione e rivelazione, la Parola fatta carne diventa la parola più esplicita a nostra disposizione, una parola di rivelazione che viene comunicata attraverso le Scritture abitate dallo Spirito Santo. Di conseguenza, se vogliamo conoscere Gesù Cristo, dobbiamo conoscere e studiare le Scritture. È quanto ci ricorda San Girolamo: "Ignorare le Scritture è ignorare Cristo". Ma siamo ben consapevoli che si tratta di uno studio illuminato e guidato dallo Spirito; è questo che ci permette, a partire dal libro, di entrare in relazione con il Verbo fatto carne, il Figlio di Dio, la Parola vivente del Padre. "Parola" è il nome del Figlio di Dio. Significa Parola. Dio ha mandato la sua Parola, cioè il suo Verbo, che ha assunto la nostra umanità per istruirci e farci conoscere la legge e la volontà del Padre... Egli è per noi come una lettera vivente nella quale dobbiamo leggere la volontà dell'Altissimo... Con quanta attenzione dobbiamo leggere questa lettera inviata dal cielo!" (Ms 5,27).  

CONCLUSIONE  

Lo studio del Vangelo si inserisce nella tradizione della Chiesa di leggere le Scritture alla luce dello Spirito, che le presenta a noi oggi come una parola viva e attuale, che presenta Gesù Cristo come nostro contemporaneo.  

L'azione dello Spirito nell'incarnazione del Verbo, la sua azione nelle Scritture come parola vivente di Dio, continua nello studio del Vangelo attraverso il quale conosciamo Gesù Cristo ed entriamo in comunione con lui.  

È sempre lo Spirito Santo che anima e guida lo studio di Nostro Signore Gesù Cristo. Dobbiamo fare questo studio sia nell'Eucaristia che nelle Scritture. Ogni volta che celebriamo l'Eucaristia, invochiamo lo Spirito Santo affinché trasformi il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù Cristo.  

Allo stesso modo, nello studio del Vangelo, dobbiamo fare un'epiclesi, un'invocazione allo Spirito Santo, affinché la parola della Scrittura diventi rivelazione e presenza della Parola viva, di Gesù Cristo risorto, del Figlio di Dio, vero cibo come il pane eucaristico.  

Dobbiamo sempre studiare il Vangelo nella preghiera e nella fede. Il suo scopo è quello di condurci alla conoscenza di Gesù Cristo. In altre parole, facciamo lo studio del Vangelo per stabilire un vero dialogo con il Signore, una relazione personale con Gesù, e questo sarà lo slancio che darà energia alla nostra vita, alla nostra missione, all'incarnazione e all'impegno che sapremo vivere in mezzo al mondo. Per fare questo, una conoscenza delle Scritture che rimanga all'esterno è insufficiente. È quanto ci mostra il quarto Vangelo nel dialogo di Gesù con i Giudei, che scrutavano le Scritture e pensavano di conoscerle. Sono necessarie la rivelazione dello Spirito e la fede. "La parola del Padre non rimane in voi, perché non credete in colui che egli ha mandato. Voi cercate le Scritture perché pensate di ottenere la vita eterna attraverso di esse. Sono quelle che testimoniano di me. E voi non volete venire a me per avere la vita eterna" (Gv 5,38-40; cfr. 5,46-47). 

Al centro dello Studio del Vangelo c'è la persona di Gesù Cristo. Entro in questo studio con l'intenzione di conformarmi a lui, di seguirlo con fiducia e senza condizioni fino a diventare una cosa sola con lui. Lo scopo del mio studio del Vangelo non è quindi quello di fare ciò che devo fare, né di andare alla ricerca di ciò di cui ho bisogno; il mio scopo è quello di essere ricreato dalla Parola di Dio viva ed efficace, di camminare guidato dallo Spirito che ha il potere di portare la vera vita e di alimentare la nostra esistenza e la nostra testimonianza. Comunicando e centrando la nostra vita sulla persona di Gesù Cristo, saremo portati a vedere tutto dal suo punto di vista. Per il credente, per l'apostolo, più che il Vangelo, più che la giustizia, più che la libertà, più che l'amore... ciò che esiste veramente è Gesù Cristo, che è la nostra giustizia, la nostra libertà, il nostro amore. Centrati su di lui, vivremo anche la nostra missione e il nostro ministero a partire dalla radicalità del Vangelo.  

Mettere Gesù Cristo al centro della nostra vita presuppone che ci doniamo e ci spogliamo completamente in una povertà radicale, a immagine della povertà di Colui che è stato mandato dal Padre, che non fa nulla di sé, che non dice nulla di sé, e che compie in ogni momento la volontà di Colui che lo ha mandato. Ecco cosa significa "conoscere Gesù Cristo": significa lasciare che il Figlio penetri e invada tutto ciò che siamo, diventando una cosa sola con lui. Come è accaduto a Paolo, potremo sperimentare che egli è la nostra vita, che egli stesso vive in noi, che attraverso di noi scorre la vita del Figlio di Dio, la vita eterna (Gal 2,19-20; Gv 17,3).  

Xosé Xulio RODRIGUEZ